Inside Vincenzo Carratù: Road to Lucca!
Ciao, Vincenzo! In attesa di poterti intervistare più dettagliatamente, dopo il Lucca Comics 2017, sul tuo lavoro su “Steams” (Noise Press), cerchiamo di conoscerti meglio. Rompiamo subito il ghiaccio con una domanda tecnica: in previsione della “vernata“, hai mai pensato ai sandali termici?
Sandali termici? Potrebbe essere la svolta della mia vita! In realtà non ci ho mai pensato, però vi svelo un segreto, usavo calzini con sotto le bustine del congelatore, per non morire, d’inverno.
Adesso dovresti esserti calato appieno nel mood dell’intervista, quindi passiamo oltre. Essendo prossimo all’esordio vero e proprio, ho notato che non esiste online una tua biografia che possa definirsi tale. Vorresti approfittarne per farti conoscere al pubblico, raccontandoci qualcosa di te? Chi era Vincenzo Carratù prima della Scuola Salernitana del Fumetto Comix Ars? E cosa ti ha spinto a iscriverti a una scuola di fumetto?
Sono nato a Battipaglia nel 1990. Sono sempre stato appassionato di storie: mi piaceva leggere libri e ne leggevo tanti, come guardavo molti film e serie tv; sono sempre stato un grande fan di Batman, sin dai tempi della serie animata, eppure i fumetti sono entrati nella mia vita molto tardi. Dopo il diploma cercavo una strada che mi permettesse di lavorare abbastanza velocemente e, dato che mi appassionava, decisi d’iscrivermi ad ingegneria informatica. In tre anni feci solo otto esami ed ero completamente allo sbando poi, quando meno me l’aspettavo, tutto è cambiato. È iniziato tutto con una cavolata: stavo guardando la sesta stagione della serie tv “The Big Bang Theory” e vedevo che lì parlavano sempre di fumetti, ma nel mio paesino gli unici che si erano mai visti erano “Tex”, “Topolino” e, quando andavi bene, “Dylan Dog”. Quindi per me era una novità sapere che potevano esistere anche altri generi. Mi recai in un altro paese limitrofo e comprai tutto quello che trovai in edicola, c’erano due “Dylan Dog”, un “Dampyr” e – sorpresona – “Wolverine” di Simone Bianchi (era il primo albo di Sabertooth Rinato). Tornato a casa lessi tutto in poche ore. Provai a reperire qualcosa di cartaceo, ma all’inizio era difficile e ordinavo online il più delle volte, fino a quando un mio amico dell’università mi fece conoscere Nicola della Fumetteria Kaboom, a Salerno. Il primo numero che comprai lo ricordo ancora: era il #9 di “Batman” della New 52 ed ero felicissimo, sembrava che fossi in paradiso. Parlando con Nicola, mi consigliò di leggere “Batman Hush” di Loeb e Jim Lee: questo fumetto mi ha cambiato la vita, perché il primo disegno che ho fatto in assoluto, dai tempi delle scuole medie, è stato il Batman di Jim Lee. Da quel momento ho iniziato a disegnare e a vedere tutorial, anche se solo per hobby. In quel periodo io e la mia fidanzata, che dopo sette anni mi sopporta ancora, litigavamo spesso perché io non prendevo una decisione riguardo l’università. Un giorno, lei mi disse che aveva trovato la soluzione perfetta, per me: era la pagina della Scuola Salernitana del Fumetto Comix Ars. Chiesi consiglio a Nicola pensando che, essendo dell’ambiente, lui li conoscesse e così presi contatti prima con Pasquale Qualano al Fanta Expo di quattro anni fa e poi con er director Peppe Palmentieri. Contestualmente, successe una bella coincidenza: nel momento in cui decisi di iniziare la scuola, riuscii anche a trovare un lavoro, che mi permettesse di frequentarla. Da lì è stato tutto un susseguirsi di cazziatoni, disegni rifatti mille volte, notti insonni e tante soddisfazioni, perché dopo una nottata in bianco non c’è frase più bella da sentirsi dire che: “NON MALE, CARRATÙ! CONTINUA COSÌ!”. E il tutto è successo solo quattro anni fa!
A differenza di quanto possano credere gli estranei al nostro campo, studiare fumetto non è un “gioco”. Hai mai tentennato, pensato di non farcela o sei mai stato a un passo dal rinunciare al tuo sogno? E se sì, cosa (o chi) ti ha dato la motivazione necessaria ad andare avanti e perseguire i tuoi obiettivi?
Dubbi ne ho sempre avuti. Almeno due volte al giorno mi chiedo se sto facendo la cosa giusta, ma poi mi metto a disegnare e semplicemente mi dimentico di tutto. Sono capace di passare sedici ore senza mai alzarmi e addirittura non mangio, se qualcuno non mi chiama per il pranzo. Fare il fumettista non è semplice, ci vuole tanta dedizione e soprattutto passione, ma l’ingrediente fondamentale è l’amore. Sembra una cavolata, qualcosa di scontato o già detto, ma fare le cose con amore è fondamentale. Fortunatamente ho accanto una persona a cui piace quello che faccio e che, in ogni momento di difficoltà o ripensamento, mi è stata vicina. Poi ci sono i miei genitori, anche se dicono che disegno sempre mostri (così chiamano i supereroi) e le mie tre zie, delle quali una è partita per il cielo a Pasqua scorsa. E infine, ma non perché ultimi, i professori Pasquale Qualano e Luca Maresca, che mi hanno spinto a fare sempre meglio e non si sono mai accontentati; vi posso assicurare che, dopo decine e decine di volte in cui mi dicevano che una cosa non andava bene, sentirsi dire “ottimo” è stata una grande soddisfazione. E poi ci sono Peppe, il direttore intransigente, e Salvatore, con cui ho trascorso le nottate a fare i miei primi layout.
In molti hanno assistito al momento in cui sei venuto al corrente dell’interesse della Noise Press, compresa la sottoscritta. Ci vuoi raccontare quell’istante dal tuo punto di vista?
Sarei voluto morire e ci sono andato molto vicino. Vi spiego. Io avevo appena finito di inchiostrare le tavole tratte da una sceneggiatura di “Orfani” con cui ci stavamo esercitando e, avendo consegnato in anticipo, avevo appena fatto quindici layout su una sceneggiatura di Scott Snyder di “Batman Anno Zero”, che la RW Lion aveva pubblicato nella versione jumbo del #23 mensile. Quelle tavole le volevo inserire nel portfolio da presentare a Lucca di quest’anno a qualche editore, sperando che ne esistesse uno tanto disperato da prendermi. Ciò che ho provato, quando Pasquale Qualano mi ha dato la notizia, non si può spiegare. Avevo raggiunto il mio primo traguardo e, in un mix di emozioni incomprensibili, la prima cosa a cui ho pensato era: “Devo dirlo ad Anna!” (l’anima pia che mi sopporta). Adesso ci sarò lo stesso a Lucca, dove uscirà la mia prima storia di sei pagine con Alessio Landi ai testi e Alice Colasante ai colori, il tutto sotto la supervisione di Antonio Sepe e Luca Frigerio. Andarci come professionista è tutta un’altra emozione.
In che modo ti ha aiutato la Scuola, come disegnatore e uomo, e cosa sentiresti di consigliare a un aspirante fumettista, che vuole seguire le tue orme?
Sicuramente la prima cosa che la Scuola ha fatto è stata migliorare il mio senso critico. Quando un ragazzo che “se la cava a disegnare” inizia un percorso del genere, è portato ad essere arrogante, ma non perché sia una cattiva persona, ma solo perché non riesce ad ascoltare nel modo giusto le critiche che un docente (o chi ne sa più) può fargli. Ricordo una frase che lessi e che all’epoca condivisi anche con i miei compagni di corso: “Se un tuo professore ti corregge devi ringraziarlo due volte, una perché ti sta dedicando il suo tempo e due perché ritiene che sei capace di capire la lezione che vuole impartirti”. Questo primo assunto porta conseguenzialmente al secondo: “LE CAZZIATE”! Ragazzi, le cazziate sono fondamentali e questo lo ripeto sempre a chi mi conosce o me lo chiede. Non stancatevi mai di riceverle, io le chiedevo sia a Pasquale Qualano, che a Luca Maresca, perché sono quelle che vi spingono a migliorare sempre di più. Se uno vi fa una cazziata, non prendetela sul personale, ma come un’occasione per fare meglio. La scuola per me è stata fondamentale per questi due aspetti, oltre che naturalmente per tutte le nozioni che ho imparato durante le lezioni. Poche settimane fa riguardavo alcuni vecchi disegni, che la mia ragazza si era scannerizzata per conservare per sempre gli orrori che facevo, e ho visto quanto sono cambiato e migliorato e questo è stato possibile solo grazie alla scuola.
Chiudiamo con un tema rituale, per me: puoi raccontarci un aneddoto divertente, legato alla tua esperienza alla Comix Ars?
L’aneddoto più bello che mi viene in mente riguarda un caro amico e compagno di corso, di cui non faccio il nome e che chiameremo X. In quel periodo io avevo preso dimestichezza con il pennello, passando da una inchiostrazione con le Tratto Pen ad una con il pennello e pennino, che prediligo. Avevo collezionato vari fogli di esercizi, facendo a pennello mazzarelle diritte, mazzarelle storte e anche mazzarelle incrociate (dicesi “mazzarella” una linea retta fatta con un singolo gesto del polso o del gomito) e, quando inchiostravo delle linee cinetiche, ormai riuscivo a farle a mano libera. Il caro X mi chiese come facessi, gli spiegai degli esercizi con le mazzarelle e gli dissi anche che all’inizio non mi riuscivano granché bene e che quindi usavo una squadretta, per farle diritte. Tornato dopo un paio di giorni, il caro X mi chiese di mostrargli come facessi, al che presi la squadretta e con una Tratto Pen iniziai a tirare le linee. Lui mi guardò e disse: “Ahhhh tu così le fai! Io avevo messo il pennello vicino alla squadretta e provavo a farle così!”. Non vi nascondo che gli dieci un sonoro chianettone. Lo dico a nome di tutti: “Ti vogliamo bene, X!”.
Carmen Guasco ft. Vincenzo Carratù
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